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Autismo a scuola: metodologie didattiche e strategie inclusive

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Indice dei contenuti

Ogni volta che parliamo di autismo a scuola e metodologie didattiche ci muoviamo su un terreno fatto di complessità, ma anche di possibilità. Possibilità di crescita, di dialogo, di comprensione. L’obiettivo di questo articolo è proprio questo: raccontare, condividere esperienze e strategie, proporre idee concrete e inclusive, parlando a chi vive la scuola ogni giorno — genitori, insegnanti, educatori, dirigenti — ma anche ai ragazzi, che meritano un’educazione pensata per tutti.

Ogni giorno, nelle aule scolastiche, insegnanti e studenti si incontrano in un viaggio di apprendimento condiviso. Quando uno studente è nello spettro autistico, questo viaggio richiede strumenti e sensibilità particolari. Descriveremo dunque come la scuola possa diventare un ambiente accogliente e stimolante per tutti, attraverso metodologie didattiche e strategie inclusive.

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Che cos’è l’autismo?

L’autismo, o Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), è una condizione neurologica che influenza il modo in cui una persona comunica, interagisce e percepisce il mondo. Non esiste un solo tipo di autismo, e non esiste un solo modo di affrontarlo. Lo spettro è ampio, e ogni bambino, ragazzo o ragazza autistica ha un proprio modo di essere, apprendere, relazionarsi. Per noi, ogni profilo autistico è un universo relazionale e cognitivo unico. Alcuni bambini cercano schemi, altri esplorano stimoli sensoriali con intensità, altri ancora hanno una memoria visiva eccezionale. Imparare a leggere questi segnali è il primo passo per costruire un rapporto educativo significativo.

Autismo a scuola: cosa fare e cosa no

Un insegnante della scuola secondaria racconta: 

Quando ho smesso di aspettarmi e di pretendere che Luca partecipasse nello stesso modo e tempo degli altri, ho scoperto il suo vero mondo. Parla poco si, ma scrive racconti bellissimi”.

Cosa fare? Ascoltare, osservare, adattare. Costruire una didattica flessibile, che si modelli sui bisogni dello studente e non il contrario.

Cosa evitare? Aspettarsi comportamenti “tipici”. L’autismo non è una deviazione da correggere, ma una diversità da includere.

Un tulipano rosso in un campo di tulipani gialli: simboleggia l'inclusione scolastica

Problemi più comuni

Ogni volta che entriamo in una nuova classe per osservare un alunno autistico, non partiamo mai dalla diagnosi. Partiamo da come sta. Da ciò che mostra (o fatica a mostrare) tra i banchi: segnali che spesso vengono interpretati come “problemi di comportamento”, ma che in realtà sono espressioni di un disagio non decifrato.

Le transizioni tra le attività

Uno dei momenti più critici è il passaggio da un’attività all’altra. Lo abbiamo osservato in diversi contesti: il suono della campanella, il cambio d’aula, o anche solo il fatto che “oggi c’è ginnastica al posto di matematica”. Questi piccoli scossoni nella routine possono essere motivo di ansia profonda e di esplosioni o implosioni comportamentali ed emotive: shutdown, meltdown e tantrum.

COSA FUNZIONA: prevedere, visualizzare, stabilizzare. Si usano ad esempio agende visive sequenziali con codici colore che aiutano a “preparare” il passaggio all’attività successiva. Quando possibile, si anticipano i cambiamenti il giorno prima, inserendoli in un “box novità” visibile in classe.

La fatica sociale (non è mancanza di empatia!)

Contrariamente a molti stereotipi, i bambini e ragazzi nello spettro non sono privi di empatia. Semplicemente la esprimono in modo diverso, spesso meno convenzionale. Ciò che spesso emerge è una difficoltà nella gestione delle interazioni spontanee e la conoscenza delle regole conversazionali: sapere quando entrare in una conversazione, cogliere una battuta, rispondere a tono, etc.

COSA FUNZIONA: progettare situazioni sociali protette, come il lavoro a coppie guidate, giochi con ruoli definiti, o l’uso di storie sociali personalizzate che anticipano situazioni potenzialmente ambigue.

Sovraccarico sensoriale

Un’aula piena di rumori, luci artificiali, odori forti e continui stimoli visivi può rappresentare un ambiente ingestibile per alcuni studenti nello spettro. Il sovraccarico sensoriale è spesso invisibile a chi guarda da fuori, ma profondamente destabilizzante per chi lo vive.

COSA FUNZIONA: creare spazi “low input” all’interno della scuola, come una postazione con luce soffusa, tappeto e oggetti calmanti. Anche l’uso di oggetti o dispositivi come le cuffie antirumore o la possibilità di brevi pause fuori aula. L’ideale sarebbe che ogni studente possa accedervi quando lo ritiene opportuno, in un’ottica di scuola veramente inclusiva e accessibile.

Regole implicite

Nella nostra esperienza, molti comportamenti “non conformi” derivano dal fatto che molte regole scolastiche non sono esplicite. “Bisogna alzare la mano”, “bisogna copiare il titolo”, “bisogna stare in silenzio”, “bisogna stare seduti”: tutte regole date per scontate, che però non sono chiare per tutti e non tengono davvero in considerazione i bisogni dei bambini in generale, figuriamoci di bambini neurodivergenti!

COSA FUNZIONA: esplicitare, schematizzare, ripassare: poster illustrati con le principali regole della classe, create insieme agli studenti. Ogni regola è accompagnata da un’immagine e un esempio concreto. E soprattutto, nessuna regola viene lasciata alla sola interpretazione.

scritta you belong: le strategie inclusive sono possibili

Pei e normativa italiana

Il PEI (Piano Educativo Individualizzato) è il documento guida per la progettazione dell’intervento didattico. Deve essere costruito insieme alla famiglia e al team multidisciplinare, non come un compito burocratico, ma come una vera mappa di accompagnamento. Redigere un PEI non è mai solo un compito. È un’occasione per fermarsi e riflettere su obiettivi reali. Quando accompagniamo i team nella compilazione, ci concentriamo su:

  • creare obiettivi misurabili ma flessibili;
  • allineare i criteri con le funzioni adattive, non solo con i contenuti;
  • mantenere un linguaggio chiaro e centrato sulla persona.

Un esempio? Invece di scrivere “partecipa a conversazioni con i pari”, possiamo scrivere “utilizza modalità personali (verbali o non) per interagire durante attività di piccolo gruppo”. La normativa italiana (L. 104/1992 e successive integrazioni) tutela il diritto all’inclusione scolastica. Ma come spesso accade, il problema non è la mancanza di leggi, quanto la difficoltà nel metterle davvero in pratica.

Obiettivi educativi: l’importanza della micro-progettazione

L’obiettivo non è “recuperare” lo studente, ma valorizzarne il potenziale. Ciò significa:

  • promuovere l’autonomia
  • sviluppare la comunicazione (verbale e/o alternativa)
  • stimolare le abilità cognitive e sociali
  • costruire relazioni significative con pari e adulti

Autismo ad alto funzionamento

Chi presenta autismo ad alto funzionamento (bambini plusdotati) spesso passa inosservato. Le difficoltà non sono sempre evidenti, ma esistono: ansia sociale, pensiero rigido, difficoltà nelle regole implicite. L’empatia da parte dei docenti è la prima strategia inclusiva.

Attività da proporre

Attività strutturate ma flessibili, creative ma con confini chiari. Qualche idea:

  • laboratori musicali e teatrali
  • attività multisensoriali
  • giochi cooperativi
  • progetti su passioni personali (robotica, storia, animali…)
mani di tante persone, simbolo di inclusività didattica

Il ruolo dei docenti (tutti, non solo di sostegno)

L’insegnante di sostegno è un facilitatore per tutta la classe. Lavora in sinergia con i colleghi curricolari, aiuta a progettare un ambiente più accessibile per tutti.  

In Finlandia, ad esempio, si lavora con il principio del co-teaching: due insegnanti in classe, con competenze diverse, ma pari responsabilità. Anche in Italia possiamo avvicinarci a questo modello, promuovendo una didattica collaborativa tra curricolari e di sostegno, basata su una programmazione comune e obiettivi condivisi.

Quando affianchiamo i docenti nella progettazione, suggeriamo di partire da una semplice domanda: Cosa posso fare affinché questo studente partecipi, oggi, a modo suo?

L’ispirazione finlandese: un modello di inclusione reale

Se dovessimo scegliere un paese da cui prendere ispirazione, sarebbe senza dubbio la Finlandia. Là, il concetto di “scuola per tutti” non è uno slogan: è una prassi quotidiana. Noi, ci ispiriamo a tre pilastri chiave del loro modello:

  1. Prevenzione prima della diagnosi: l’intervento educativo inizia al primo segnale di difficoltà, senza bisogno di etichettare
  2. Supporto diffuso: tutti i docenti sono formati all’inclusione e il sostegno è pensato come “a scalare”, non delegato solo a specialisti
  3. Cultura della lentezza e del rispetto dei tempi individuali: si lavora su competenze, non su voti, e l’obiettivo non è standardizzare ma far fiorire ogni studente.

Quando introduciamo queste pratiche in Italia — adattandole, ovviamente — notiamo cambiamenti significativi non solo negli studenti autistici, ma in tutta la classe:

  • usare un linguaggio positivo e non etichettante
  • stimolare l’empatia dei compagni (non la compassione)
  • valorizzare la diversità come risorsa
  • offrire strumenti alternativi

FAQ

Come identificare un alunno autistico?
Osservando i comportamenti, come interagisce con i coetanei, quali sono i confini tra sé e gli altri, invitando la famiglia a fare un approfondimento diagnostico e consultando specialisti.

Quali sono le migliori strategie per includerli?
Personalizzazione, supporto visivo, empatia, formazione continua per i docenti.

È possibile conciliare inclusione e personalizzazione?
Sì, se vediamo l’inclusione come un processo dinamico, che valorizza le differenze e le integra nel tessuto della classe.

Conclusione

Costruire una scuola davvero inclusiva non è un’impresa impossibile, ma un percorso fatto di scelte quotidiane, consapevolezza e collaborazione. Quando insegnanti, educatori e genitori uniscono le forze, anche le sfide più complesse – come l’inclusione degli studenti neurodivergenti – possono trasformarsi in opportunità di crescita per tutti. È nella responsabilità condivisa e nella volontà di mettersi in gioco che nasce il cambiamento. E ogni passo, anche il più piccolo, conta.

L’autismo a scuola è sì una sfida, ma anche un’opportunità. Un’occasione per rivedere il nostro modo di insegnare, comunicare, accogliere. Ogni studente ha diritto a un’educazione che lo rispecchi, che lo accompagni, che lo ascolti.

Riferimenti accreditati: