Quando due mondi si incontrano in un corpo femminile: comprendere l’AuDHD per abitare finalmente se stesse

Un’invisibilità che pesa: storie di donne che hanno aspettato troppo
L’AuDHD (autismo e ADHD insieme) riguarda molte donne ma resta spesso invisibile per anni. La diagnosi tardiva, il mascheramento sociale e i sintomi internalizzati rendono difficile il riconoscimento. Questo articolo esplora sintomi, diagnosi e percorsi di supporto per donne AuDHD.
“Dottoressa, per tutta la vita mi hanno detto che ero troppo sensibile. Troppo disorganizzata. Troppo intensa. Troppo tutto e mai abbastanza. Poi, a quarant’anni, abbiamo capito… autistica e ADHD. E improvvisamente tutto ha avuto un senso.”
Questa è la voce di Laura (nome di fantasia), una delle tante donne che ogni giorno arrivano in studio portando con sé decenni di incomprensione. La sua storia non è un’eccezione: è la norma quando parliamo di donne AuDHD, ovvero la co-occorrenza di autismo e ADHD.
Come siamo arrivati qui?
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica internazionale ha finalmente iniziato a illuminare una realtà troppo a lungo sottostimata e misconosciuta. Molte donne manifestano contemporaneamente tratti dello spettro autistico (ASD) e sintomi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Questa doppia presenza, denominata AuDHD, è molto più frequente di quanto si pensasse, ma resta spesso invisibile a causa di presentazioni cliniche specifiche ma poco riconosciute, strategie di mascheramento sofisticate e profondi bias di genere radicati nei professionisti che lavorano con la diagnosi.
Non si tratta di una moda o di un’etichetta alla leggera
Si tratta di riconoscere un modo specifico di funzionare – cognitivo, emotivo, sensoriale e relazionale – che appartiene a persone reali e che ha radici profonde nella neurobiologia, nella storia personale e nell’ambiente culturale in cui queste donne sono cresciute.
Perché la comorbidità AuDHD è stata così sottovalutata nelle donne?
Per comprendere perché così tante donne AuDHD siano state ignorate, dobbiamo fare un passo indietro nella storia della diagnosi. Fino al DSM-5 (2013), la doppia diagnosi di autismo e ADHD era formalmente esclusa: i clinici dovevano scegliere una sola etichetta, anche quando entrambe le condizioni erano chiaramente presenti. Questo ha generato decenni di frammentazione diagnostica e di invisibilità clinica.
Il peso storico dei criteri diagnostici “al maschile”
Ma c’è un problema ancora più profondo: i criteri diagnostici per autismo e ADHD sono stati storicamente costruiti studiando prevalentemente bambini maschi. Questo bias di genere ha reso estremamente difficile riconoscere le presentazioni femminili, che sono spesso più sottili, più internalizzate e caratterizzate da strategie compensative sofisticate. Le bambine e le ragazze che non corrispondevano al modello “classico” – iperattivo, dirompente, con deficit sociali evidenti – venivano semplicemente ignorate dal radar diagnostico.
Il mascheramento: una strategia di sopravvivenza che nasconde la neurodivergenza
Le donne neurodivergenti, fin dall’infanzia, sviluppano strategie di mascheramento (masking o camouflage) molto più elaborate rispetto ai maschi. Imparano presto a imitare i comportamenti sociali delle coetanee, a nascondere le proprie difficoltà, a “recitare” la normalità per evitare il rifiuto sociale.
Questo processo, che si intensifica enormemente nell’adolescenza e nella prima età adulta, ha un costo altissimo. L’esaurimento emotivo diventa costante: fingere di essere “come le altre” richiede un dispendio energetico enorme che le donne descrivono come “indossare un costume pesante tutto il giorno”. A forza di recitare, molte donne perdono la percezione autentica di chi sono, arrivando a non riconoscere più i propri bisogni, desideri e limiti autentici. Questa perdita di contatto con se stesse porta inevitabilmente a sintomi internalizzati che diventano la manifestazione visibile della fatica invisibile: ansia, depressione, disturbi alimentari emergono come conseguenze del mascheramento prolungato.

Il prevalere dei sintomi internalizzati
A differenza dei maschi, che tendono a manifestare più frequentemente comportamenti esternalizzati (aggressività, iperattività motoria evidente), le donne AuDHD presentano in modo predominante sintomi internalizzati: ansia pervasiva, depressione ricorrente, disturbi dell’umore, disturbi alimentari e comportamenti autolesivi.
Questi sintomi diventano spesso la “facciata clinica” che riceve attenzione, mentre la neuro-atipicità sottostante rimane invisibile. Molte donne ricevono diagnosi di disturbi d’ansia, depressione o disturbo borderline di personalità, senza che venga mai indagata la possibilità di una neurodivergenza di base.
La letteratura recente sottolinea come questa sovrapposizione sintomatologica renda particolarmente complesso il processo diagnostico nelle donne adulte, richiedendo una competenza clinica specifica e uno sguardo attento alla storia evolutiva complessiva.
Come si manifesta l’AuDHD nelle donne: caratteristiche cliniche peculiari
Quando autismo e ADHD coesistono in un corpo di donna, emergono profili complessi che sfidano le categorie diagnostiche tradizionali. Non si tratta semplicemente di “avere entrambe le condizioni”: l’interazione tra i due funzionamenti crea pattern unici che meritano di essere riconosciuti nella loro specificità.
L’oscillazione tra iperattività mentale e rigidità cognitiva
Le donne AuDHD vivono una continua tensione tra due modalità cognitive apparentemente opposte ma profondamente intrecciate. Da un lato c’è l’iperattività mentale e l’impulsività tipica dell’ADHD: il pensiero salta rapidamente da un’idea all’altra, gli interessi cambiano con intensità, la pianificazione risulta faticosa, le decisioni vengono prese impulsivamente. Dall’altro lato, convive la rigidità cognitiva e il bisogno di struttura caratteristico dell’autismo: un forte bisogno di prevedibilità, routine che danno sicurezza, modalità di pensiero dettagliate e lineari.
Questa oscillazione crea un’esperienza interna molto peculiare: in alcuni momenti prevale il caos cognitivo dell’ADHD, in altri la necessità di controllo e ordine dell’autismo. Molte donne descrivono questa esperienza come “avere due motori che vanno in direzioni diverse”, una lotta quotidiana tra il bisogno di novità e il bisogno di stabilità, tra l’impulso a cambiare tutto e il panico di fronte al cambiamento.
Gli interessi intensi ma a “ciclo breve”
Una caratteristica distintiva dell’AuDHD rispetto all’autismo puro è il pattern degli interessi speciali. Mentre nell’autismo classico gli interessi tendono ad essere monotematici, duraturi e approfonditi in modo enciclopedico, nell’AuDHD gli interessi sono ugualmente intensi ma spesso variabili e a ciclo breve.
Una donna AuDHD potrebbe immergersi completamente in un nuovo hobby per settimane o mesi, studiarlo ossessivamente e accumulare conoscenze dettagliatissime, per poi perdere improvvisamente interesse e passare ad altro, sentendosi spesso in colpa per questa apparente “incostanza”. Questo pattern non è superficialità: è il risultato dell’interazione tra l’iperfocus autistico e la ricerca di novità tipica dell’ADHD. Riconoscerlo può liberare molte donne dal senso di inadeguatezza che hanno portato per anni, permettendo loro di accettare questo modo di funzionare come legittimo e non come un difetto caratteriale.
L’alternanza tra iperfocus e dispersione
Un altro aspetto peculiare è l’alternanza tra stati di iperfocus e stati di completa disorganizzazione.
Nei momenti di iperfocus, spesso legati agli interessi speciali o a compiti che risuonano profondamente, la donna AuDHD può lavorare per ore senza accorgersi del tempo, dimenticare di mangiare, bere o andare in bagno, produrre lavori di qualità eccezionale ed entrare in uno stato di flow intenso che le dà una sensazione di completezza.
Nei momenti di dispersione, soprattutto con compiti poco stimolanti o in periodi di sovraccarico, può invece trovarsi completamente paralizzata: non riesce a iniziare nemmeno un compito semplice, si sente bloccata dall’indecisione, viene sopraffatta da stimoli ambientali che normalmente tollererebbe, e percepisce una profonda insoddisfazione e frustrazione.
Questa oscillazione non è controllabile volontariamente e richiede strategie di autoregolazione specifiche e personalizzate, oltre a una profonda compassione verso se stesse per evitare il circolo vizioso dell’auto-giudizio.
La fatica sociale mascherata da “apparente competenza”
Forse l’aspetto più difficile da riconoscere clinicamente è la fatica sociale nascosta dietro un’apparente abilità relazionale.

Molte donne AuDHD sviluppano, attraverso anni di osservazione e imitazione, repertori complessi di frasi sociali appropriate, capacità di “leggere” le situazioni seguendo script mentali accuratamente costruiti, abilità di piccola conversazione (small talk) ed espressività facciale modulata secondo le aspettative.
Tutto questo, però, è il risultato di uno sforzo cognitivo consapevole, non di un’abilità sociale naturale. Dopo le interazioni sociali, molte donne AuDHD vivono un esaurimento profondo (quello che in inglese viene chiamato “social hangover”), un bisogno quasi fisico di isolamento per ricaricarsi, una ruminazione ossessiva su ogni dettaglio della conversazione appena avvenuta, e un’ansia anticipatoria crescente prima degli eventi sociali futuri. Questa discrepanza tra ciò che appare all’esterno e ciò che viene vissuto internamente rende la diagnosi particolarmente complessa.
Le difficoltà relazionali e il riconoscimento emotivo
Le donne AuDHD spesso faticano nel riconoscimento delle proprie emozioni (alessitimia) e nella gestione delle relazioni intime. Questo può manifestarsi attraverso una difficoltà concreta a dare un nome a ciò che si sente internamente, una confusione persistente tra sensazioni fisiche ed emozioni, una tendenza a razionalizzare eccessivamente i sentimenti invece di viverli. Nelle relazioni, questo si traduce in difficoltà nella reciprocità emotiva, incomprensioni frequenti nelle dinamiche di coppia, e una sensazione pervasiva di essere “diverse” anche nelle amicizie più strette.
Queste difficoltà emergono spesso in modo più evidente durante la preadolescenza e l’adolescenza, quando le richieste sociali si fanno più complesse e sottili, e quando le amicizie femminili iniziano a basarsi su dinamiche emotive implicite che le ragazze AuDHD faticano a decodificare.
La comorbidità psichiatrica: ansia, depressione e disturbi alimentari
Gli studi clinici hanno dimostrato che le donne con doppia diagnosi AuDHD hanno una probabilità significativamente più alta di presentare disturbi d’ansia generalizzata e sociale, generati dalla costante fatica di navigare un mondo neurotipico che non riconosce i loro bisogni. A questo si aggiungono episodi depressivi ricorrenti, alimentati dall’esaurimento da mascheramento e dalla percezione cronica di inadeguatezza. I disturbi alimentari rappresentano un’altra manifestazione frequente: il bisogno di controllo tipico dell’autismo e l’impulsività caratteristica dell’ADHD possono intrecciarsi in pattern alimentari disfunzionali. Non mancano poi i disturbi del sonno, dato che la disregolazione del ritmo circadiano è comune in entrambe le condizioni, e sintomi dissociativi che emergono come risposta al sovraccarico sensoriale ed emotivo prolungato.
Questa comorbidità non è casuale: rappresenta l’impatto cumulativo di anni passati a sentirsi “sbagliate” senza avere una spiegazione, senza ricevere il supporto adeguato, senza poter essere autenticamente se stesse.
Il processo diagnostico: come riconoscere l’AuDHD nelle donne
Diagnosticare l’AuDHD nelle donne richiede uno sguardo clinico profondamente diverso rispetto alla valutazione standard. Non basta somministrare questionari o scale: serve un’indagine approfondita della storia evolutiva, delle strategie compensative, dell’esperienza soggettiva.

Una valutazione che guarda oltre i sintomi evidenti
Gli elementi chiave di una valutazione accurata partono da un’anamnesi evolutiva dettagliata che esplora come era la bambina, se aveva amiche e come giocava, quando ha iniziato a sentirsi “diversa”, se ci sono stati momenti di burnout o crolli improvvisi, come ha vissuto i passaggi scolastici e soprattutto l’adolescenza. È fondamentale poi l’osservazione delle strategie di mascheramento: quanto sforzo richiede mantenere le interazioni sociali, se riesce a identificare quando sta “recitando”, se ha bisogno di periodi di isolamento dopo eventi sociali, se ha sviluppato script mentali per le situazioni sociali.
L’analisi del profilo sensoriale indaga le sensibilità specifiche a luci, suoni, tessuti, odori, come gestisce ambienti caotici o sovraccarichi, se ha rituali specifici per calmarsi. I pattern attentivi e organizzativi vengono esplorati chiedendo come gestisce le attività quotidiane, se alterna periodi di iperfocus e dispersione, se ha difficoltà con la pianificazione e la gestione del tempo, come sono i suoi interessi. Infine, i test neuropsicologici mirati includono scale specifiche per ASD e ADHD al femminile, test delle funzioni esecutive, valutazione del profilo cognitivo spesso disomogeneo, e questionari di autovalutazione sul mascheramento.
I segnali clinici specifici da cercare
Storia di interessi intensi ma frequentemente variabili, che non seguono il pattern monotematico tipico dell’autismo puro. La donna può descrivere di essersi “appassionata ossessivamente” a qualcosa per poi abbandonarlo improvvisamente.
Alternanza tra periodi di iperfocus produttivo e momenti di completa paralisi organizzativa, con profonda frustrazione per questa incapacità di “essere costante”.
Marcata fatica sociale nascosta, che emerge solo nell’anamnesi approfondita: “Alla fine di una giornata sociale ho bisogno di stare completamente sola”, “Mi studio le persone prima di interagire”, “Ho una lista mentale di cose da dire in ogni situazione”.
Sensibilità sensoriale significativa che viene minimizzata: “Tutti soffrono il rumore, no?”, “È normale dover staccare le etichette dai vestiti, vero?”
Storia di burnout ricorrenti, spesso interpretati come “esaurimenti nervosi” o “crisi esistenziali”, che in realtà rappresentano crolli del sistema di mascheramento.
Perché le diagnosi arrivano tardi (e cosa si perde nel frattempo)
La maggior parte delle donne AuDHD riceve la diagnosi in età adulta, spesso dopo i 30-40 anni. Questo ritardo ha conseguenze profonde che si accumulano nel tempo.
Anni di terapie per sintomi secondari come ansia e depressione vengono affrontate senza mai toccare la base neurodivergente sottostante. Le scelte di vita vengono fatte senza conoscere il proprio reale profilo: studi inadatti, lavori che consumano energie, relazioni incompatibili con i propri bisogni. Si sviluppa un profondo senso di inadeguatezza e bassa autostima, alimentato dalla percezione costante di “non farcela” in cose che per altri sembrano naturali. Manca completamente l’accesso a strumenti compensativi e strategie efficaci che potrebbero rendere la vita più sostenibile. Il rischio di burnout cronico aumenta drammaticamente, con una compromissione progressiva del funzionamento globale.
Quando finalmente arriva la diagnosi, molte donne descrivono un senso di sollievo e di “ritorno a casa”. Improvvisamente, tutta la loro storia assume un senso: non erano “sbagliate”, erano neurodivergenti in un mondo disegnato per neurotipici. Questo riconoscimento, per quanto tardivo, apre finalmente la porta a un percorso di accettazione e trasformazione.
Differenze e comorbilità
Questa tabella rispecchia i profili clinici complessi e le peculiarità delle donne AuDHD, evidenziando il bisogno di osservare con attenzione le oscillazioni tra rigidità e disorganizzazione, la fatica nascosta dietro il masking e le sfide di una diagnosi accorta e ramificata.
| Caratteristiche principali | Autismo | ADHD | AuDHD (Comorbidità Autismo + ADHD) |
| Sintomi principali | Difficoltà sociali significative, comunicazione atipica, rigidità comportamentale e routine | Disattenzione persistente, iperattività, impulsività | Combina rigidità cognitiva e comportamenti ripetitivi + iperattività mentale e impulsività |
| Interessi speciali | Monotematici, duraturi, approfonditi in modo enciclopedico | Variabili, di breve durata, con rapida alternanza | Intensità degli interessi pari all’autismo ma a ciclo breve: immersioni ossessive seguite da rapida perdita d’interesse |
| Capacità sociali | Spesso mascherate da camuffamento, fatica sociale nascosta dietro abilità apprese | Difficoltà sociali legate a impulsività e disattenzione, meno profonde rispetto all’autismo | Competenza sociale apparente con esaurimento profondo; fatica nascosta dietro masking sofisticato |
| Regolazione emotiva | Ansia, disturbi dell’umore legati a isolamento e rigidità | Instabilità emotiva, difficoltà nel controllo degli impulsi | Combinazione di ansia, fatica emotiva, esaurimento da mascheramento e frequenti burnout |
| Gestione dell’attenzione | Iperfocus su interessi specifici, difficoltà su stimoli sociali | Disattenzione e distractibilità marcate | Oscillazione tra iperfocus intenso e momenti di completa disorganizzazione e blocco |
| Comportamenti ripetitivi | Evidenti e strutturati, routine rigide e rituali | Meno presenti, più impulsività e disorganizzazione | Spesso presenti, ma con alternanza di rigidità e improvvisa perdita di interessi e routine |
| Manifestazioni femminili | Masking elaborato, interessi socialmente accettati che nascondono la diagnosi | Sintomi più interiorizzati, interessi veloci e mutevoli, masking frequente | Mascheramento sofisticato con grande sforzo cognitivo, alternanza caos-costrutto, senso di inadeguatezza profondo |
| Sensibilità sensoriale | Alta, con bisogno di ambienti strutturati e controllati | Presente ma meno centrale | Elevata, con impatti importanti su lavoro e relazioni, amplificata dal sovraccarico emotivo |
| Diagnosi tipica | Spesso tardiva, complicata da masking e internalizzazione | Più precoce ma spesso sottodiagnosi nelle donne | Diagnosi più tardiva, complessa, spesso dopo anni di sintomi secondari quali ansia e depressione |
| Impatto psicosociale | Isolamento, difficoltà relazionali profonde | Difficoltà organizzative, instabilità emotiva | Elevato rischio di burnout, ansia, depressione e disturbi alimentari, bisogni di supporto integrato |
| Trattamenti | Psicoterapia psicoeducativa mirata, supporto sensoriale | Farmacoterapia ADHD, coaching, supporti organizzativi | Approccio integrato, personalizzato, combinazione di farmaci, psicoeducazione e terapia centrata sul mascheramento e autoregolazione |
Implicazioni cliniche: vivere meglio l’AuDHD
La compresenza di autismo e ADHD nelle donne crea sfide specifiche che impattano profondamente sulla qualità della vita.
Le sfide quotidiane dell’AuDHD
A scuola e all’università emergono difficoltà con i tempi lunghi e la pianificazione, un perfezionismo paralizzante che si intreccia paradossalmente con la procrastinazione, fatica marcata nelle interazioni di gruppo, sovraccarico sensoriale negli ambienti caotici e un rischio elevato di abbandono scolastico che spesso viene interpretato come “mancanza di voglia o motivazione”.
Nel contesto lavorativo si manifestano difficoltà con compiti ripetitivi e poco stimolanti che prosciugano rapidamente l’energia, il bisogno pressante di ambienti controllati dal punto di vista sensoriale, fatica nelle riunioni e nei contesti sociali obbligatori, un’alternanza frustrante tra performance eccellente e crolli improvvisi di produttività, con conseguente burnout professionale frequente.
Nelle relazioni le donne AuDHD incontrano ostacoli nella reciprocità emotiva, incomprensioni frequenti nelle dinamiche di coppia dovute a modalità comunicative diverse, fatica nel mantenimento delle amicizie che richiedono contatti regolari, ipersensibilità dolorosa al rifiuto anche minimo, e un bisogno di solitudine che viene spesso frainteso come disinteresse.
Per quanto riguarda il benessere psicologico si osservano ansia e depressione ricorrenti, difficoltà persistenti di regolazione emotiva, disturbi del sonno che minano l’equilibrio quotidiano, tendenza all’isolamento sociale come strategia protettiva, e un senso di inadeguatezza profondo che permea l’esperienza di sé.
Un approccio terapeutico integrato e personalizzato
Il trattamento dell’AuDHD nelle donne non può seguire protocolli standardizzati. Richiede un approccio multidisciplinare, flessibile e profondamente rispettoso delle caratteristiche individuali.
1. Il ruolo della farmacoterapia (e i suoi limiti)
La farmacoterapia “ADHD-based” può essere di aiuto, ma ha limiti evidenti quando si tratta di AuDHD:
- Gli stimolanti (metilfenidato, anfetamine) possono migliorare l’attenzione e ridurre l’impulsività
- Tuttavia, non agiscono sui tratti autistici: rigidità cognitiva, difficoltà sociali, sensibilità sensoriale
- In alcune donne, gli stimolanti possono aumentare l’ansia o l’irritabilità
- È fondamentale un monitoraggio attento e una titolazione individualizzata
Ma la farmacoterapia da sola non basta. Serve un lavoro più ampio.
2. Il supporto psicoeducativo: conoscersi per accettarsi
Uno degli interventi più potenti nell’AuDHD è la psicoeducazione. Quando una donna comprende finalmente il proprio funzionamento neurodivergente:
- Smette di giudicarsi come “sbagliata” o “inadeguata”
- Inizia a riconoscere i propri bisogni autentici
- Sviluppa strategie personalizzate invece di forzarsi in modelli neurotipici
- Riduce il mascheramento quando possibile, risparmiando energia
- Costruisce un senso di identità più solido e autentico
La psicoeducazione include:
- Informazioni accurate su autismo, ADHD e AuDHD
- Comprensione del proprio profilo sensoriale
- Identificazione delle strategie di mascheramento personali
- Riconoscimento dei segnali di sovraccarico e burnout
- Sviluppo di un piano di autoregolazione
3. Strategie pratiche di autoregolazione emotiva
Le donne AuDHD beneficiano enormemente di strumenti concreti per la regolazione del sistema nervoso. Non si tratta solo di tecniche cognitive, ma di pratiche corporee che aiutano a ritrovare l’equilibrio:
Routine quotidiane stabilizzanti:
- Svegliarsi e addormentarsi a orari regolari
- Pasti strutturati (l’ADHD porta a dimenticare di mangiare)
- Micro-pause frequenti durante il giorno
- Rituali di transizione tra attività diverse
Pratiche di regolazione somatica:
- Respirazione diaframmatica (tecnica 6-0-8: inspira 6 secondi, pausa, espira 8)
- Esercizi di grounding sensoriale (tecnica 3-3-3)
- Movimenti dolci (yoga, stretching, camminate)
- Uso di coperte pesate o cuffie antirumore
Gestione dell’ambiente:
- Ridurre gli stimoli sensoriali in casa (luci soffuse, spazi ordinati)
- Creare “angoli sicuri” per il recupero energetico
- Utilizzare timer e promemoria visivi
- Pianificare attentamente gli impegni sociali
4. Lavorare sul mascheramento: quando togliere la maschera
Uno degli aspetti più delicati del lavoro terapeutico con donne AuDHD è aiutarle a ridurre gradualmente il mascheramento. Questo processo richiede tempo e delicatezza:
- Riconoscere quando si sta mascherando (non sempre è consapevole)
- Identificare i contesti sicuri dove si può abbassare la guardia
- Comunicare i propri bisogni senza sensi di colpa
- Accettare che alcune persone non capiranno e va bene così
- Costruire relazioni autentiche con chi accetta la versione reale
Ridurre il mascheramento non significa “smettere di sforzarsi”, ma imparare a dosare le energie in modo sostenibile.
5. Terapia individuale: lo spazio per essere viste
La psicoterapia individuale, condotta da professionisti formati sulle neurodivergenze, offre uno spazio prezioso:
- Elaborazione del lutto per la vita “che avrebbe potuto essere” se la diagnosi fosse arrivata prima
- Lavoro sul trauma legato all’esperienza di sentirsi “aliena” per anni
- Costruzione dell’autostima basata sul proprio profilo reale
- Sviluppo di strategie relazionali più efficaci e autentiche
- Supporto nelle transizioni di vita (cambi di lavoro, relazioni, maternità)
Conclusioni: il coraggio di riconoscersi
Arrivare a riconoscere l’AuDHD in se stesse richiede coraggio. Di mettere in discussione anni di narrazioni internalizzate (“sei pigra”, “sei troppo sensibile”, “non ti impegni abbastanza”). Coraggio di cercare risposte quando tutti ti dicono che “stai bene così”. Coraggio di nominare la tua differenza in un mondo che valorizza la conformità.
Ma questo coraggio viene ripagato. Quando finalmente ti riconosci per quello che sei – una donna neurodivergente con un modo unico e legittimo di funzionare – inizia un processo di trasformazione profonda. Non è un percorso facile né lineare. Ci saranno momenti di rabbia, tristezza, frustrazione. Ma ci sarà anche, finalmente, la possibilità di abitare te stessa con autenticità.
La letteratura scientifica recente ci ricorda che la compresenza di ADHD e autismo nelle donne non è rara né marginale: è una realtà diffusa che per troppo tempo è stata ignorata. Riconoscerla, nominarla, accompagnarla con rispetto e competenza può fare davvero la differenza tra una vita di mascheramento esaustivo e una vita in cui c’è spazio per essere se stesse.
La diagnosi non è un punto di arrivo: è l’inizio di un viaggio verso la scoperta di chi sei veramente, al di là delle aspettative sociali, al di là del mascheramento, al di là della fatica di fingere di essere neurotipica.
E questo viaggio merita di essere fatto.
Se ti sei riconosciuta in questo articolo, se hai dubbi o domande, se vuoi esplorare la possibilità di una valutazione diagnostica, non esitare a contattarci. Lavoriamo sia in presenza che online, per essere accessibili anche a chi vive lontano o all’estero.
Riconoscersi è il primo passo. Accompagnarvi con competenza e calore è il nostro impegno.
Per approfondire: bibliografia scientifica selezionata
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